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F1 | GP Stati Uniti 2021: anteprima Brembo per Austin

Il costruttore italiano analizza le caratteristiche del tracciato texano e il conseguente impiego degli impianti frenanti

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Dopo un anno di assenza, l’edizione 2020 non si disputò a causa dell’emergenza sanitaria dettata dalla pandemia Coronavirus che costrinse gli organizzatori a cancellare l’evento, la Formula 1 tornerà questo fine settimana a gareggiare al Circuit Of The Americas per la quarantaduesima edizione della tappa statunitense. Rispetto alle moto, le monoposto impiegano secondi in meno nella percorrenza complessiva del del giro, potendo percorrere tutte le curve ad una velocità superiore senza talvolta senza premere il pedale del freno.
Secondo i tecnici Brembo, la pista di Austin rientra nella categoria dei circuiti mediamente impegnativi per i freni. In una scala da 1 a 5 si è meritato un indice di difficoltà pari 3, identico alla valutazione ottenuta per le moto della classe regina del Motomondiale, nonostante un uso differente dell’impianto frenante, sia a livello di percentuale sul giro singolo sia per il cronometraggio complessivo nell’arco della distanza del gran premio. In F1 i dischi in carbonio si utilizzano dagli anni Ottanta e in seguito si sono diffusi anche nelle altre competizioni del panorama Motorsport.
Nessun altro elemento offre infatti quella combinazione di leggerezza, elevata conducibilità termica e assenza di dilatazioni anche ai mille gradi centigradi che contraddistinguono i dischi Brembo delle monoposto di Formula Uno. La densità del carbonio è di 1,7 grammi al centimetro cubo, a differenza dei 7,8 grammi dell’acciaio e dei 7,3 grammi della ghisa grigia. Il suo coefficiente di espansione termica è un quindicesimo dell’acciaio e un undicesimo della ghisa. Il punto di fusione del carbonio è superiore ai 3.000°C a fronte dei 1.200°C della ghisa e dei 1.800°C dell’acciaio.
I piloti di Formula 1 utilizzano i freni solo in corrispondenza di nove delle venti curve del Circuit Of The Americas, cioè tre in meno di quanto non facciano i piloti della MotoGP. Grazie all’aderenza garantita dai pneumatici supplementari, le auto non hanno infatti bisogno di frenare alle curve 3, 6 e 16. Nell’arco di un giro completo i freni sono in funzione per poco più di diciassette secondi, oltre venti secondi in meno delle moto della top class del Motomondiale.
Il carico esercitato da ciascun pilota dalla partenza alla bandiera a scacchi sul pedale del freno non è tra i più alti del Mondiale: 51,1 tonnellate perché solamente in quattro frenate per ogni passaggio supera il quintale. Delle nove frenate della pista texana, tre sono considerate altamente impegnative per i freni, una è di media difficoltà e le restanti cinque sono leggere. La più esigente è quella della curva 12 successiva al lungo rettilineo da circa 1,2 chilometri di lughezza: le monoposto vi arrivano a 332 km/h e i piloti esercitano un carico di 183 kg sul pedale del freno per 2,38 secondi durante i quali subiscono 5,6 g di decelerazione per scendere a 95 km/h. Il tutto peraltro avviene in 120 metri, un’inezia.

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